Monday 3 May 2010

Il gioco delle parti

(Tradotto da un volantino inglese sulla vicenda di Alfredo e Christos. Titolo originale: Fair Play).

Christos ha osato ma non ce l’ha fatta, Alfredo si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato e anche lui ha perso la libertà. E’ il gioco delle parti, qualcuno ha commentato. E chi più di un anarchico o di un’anarchica accetta la responsabilità individuale delle sue azioni? Chi più di un anarchico può guardare il nemico, e soprattutto i propri compagni, negli occhi ed affermare la premessa etica delle sue azioni? Se qualcosa va storto e l’anarchico si ritrova nelle mani del nemico, egli non grida allo scandalo, sa che gli accoliti e i cani da guardia del capitale sono sempre pronti a denunciare, arrestare e imprigionare chiunque venga catturato mentre trasgredisce il codice di sottomissione ed obbedienza. La forza morale e fisica che i compagni chiamano a raccolta quando si ritrovano a soffrire nelle mani degli aguzzini della repressione non viene dal concetto di "gioco delle parti", che implica una base logica di uguaglianza e imparzialità quale si può trovare nei campi da gioco di Eton o in un incontro amichevole tra Oxford e Cambridge. Vecchi insegnamenti biblici come "occhio per occhio, dente per dente" sono difficili da eliminare, ma non rientrano in nessun modo nel concetto di libertà e rivoluzione. La finta oggettività delle legge, a (il crimine) = b (la punizione), esiste solo nei sogni ad occhi aperti dei borghesi. La contabilità è confortante e soporifera.
Tuttavia, un certo livello di calcolo può essere tentato dal rapinatore di banche professionista: certo, rapinare banche potrebbe anche essere un lavoro, un lavoro in cui il fattore rischio si calcola più facilmente di quanto non si possa fare con un lavoro schiavista e ripetitivo, eseguito giorno dopo giorno, mentre si viene avvelenati lentamente da sostanze tossiche, o si rischia di cadere da un’impalcatura, o la propria mano viene tranciata da una sega circolare. Il rapinatore professionista può servirsi della legge (niente a che vedere con la "giustizia" nel vero senso della parola) per calcolare le sue potenziali perdite e guadagni in termini di dignità, tempo libero e qualità della vita. Finché egli riesce ad essere prudente e non troppo ingordo, finché non diventa esuberante e sdegnoso dello Stato, finché non spara ad uno sbirro: in quel caso, l’equilibrio oscilla ed egli deve difendere la sua libertà ad ogni costo. Nel caso contrario, il meglio in cui può sperare è una raffica di proiettili, il peggio è decenni di segregazione e isolamento dietro le sbarre. Il potere deve difendersi anche dagli eroi popolari; e una volta che i media hanno fatto il loro sporco lavoro, il resto è facile.
Per gli anarchici il discorso è diverso. Coloro che rifiutano di sfruttare altri o di essere sfruttati in cambio di un salario pongono se stessi in una logica diversa da quella del capitale, in modo da essere meglio attrezzati – in termini di tempo e di una mente libera dal fardello del compromesso e dell’auto-disprezzo – nel penetrare il versante qualitativo della realtà. Il denaro perde la sua onnipresenza divina e diventa un semplice espediente, spesso ridotto al minimo indispensabile. Un compagno non risparmia denaro, né risparmia se stesso. Una volta liberati dalla logica dello scambio, il lavoro, lo studio, il gioco e l’attacco si intrecciano come componenti di una progettualità che deborda senza misura. In quella dimensione, in una vita senza garanzie coscienziosamente scelta, il bisogno di denaro non viene eliminato ma viene rimosso dalla posizione centrale che esso assume sotto il capitale. Non che si possa vivere fuori dal capitale, ma si può avere una diversa relazione con esso, una relazione di non sottomissione, che è poi il miglior modo per combattere contro di esso. Il pensiero e il potere di osservazione diventano infatti più acuti ed affinati se non sono sottomessi alla brutalizzazione del lavoro. Per un rivoluzionario, la mancanza di denaro non è mai una scusa per non affrontare le proprie responsabilità nella vita e nella lotta. Quando il denaro diviene una necessità per andare avanti, si può anche decidere di guardarsi intorno, attrezzarsi, osservare il lavoro del nemico e, perché no, trovare i mezzi necessari per ovviare a qualche necessità concreta. Questo non è poi così difficile una volta che la "scissione morale" che ci viene imposta fin dalla nascita viene superata e noi ridiventiamo un tutt’uno con la nostra coscienza.
Un compagno diventa un pericolo reale per il capitale e per i suoi cani da guardia e bravi cittadini nel momento in cui smette di vendere ad un padrone la propria forza, ingenuità ed intelligenza in cambio di un salario, e le rivolge invece contro l’intero sistema di sfruttamento e saccheggio, cioè contro il capitalismo e lo Stato. Non è una rapina fallita a conferirgli lo status di nemico pubblico, così tanto sventolato dai media greci nel caso di Alfredo in seguito al suo arresto, ma il fatto che egli ha osato rivolgere il suo sapere e le sue idee contro lo Stato e il capitale; e in modo ancor più perverso, secondo l’ottica del potere, di averli condivisi con altri in una dimensione di complicità.
Perché un anarchico non nasconde il suo sapere per innalzare la sua posizione sugli scaffali delle botteghe del mondo accademico. Invece, trascorre intere ore, giorni e notti su libri, stampanti mal funzionanti, tavoli di rilegatura improvvisati, lunghe attese in coda all’ufficio postale… in modo che ogni compagno possa usufruire di quei libri. Questo è il colpo finale, la conferma che si tratta di una mente diabolica da distruggere ad ogni costo. Ma questo non deve accadere in modo aperto ed eclatante. Per dio, siamo un popolo civile! Siamo contro la pena di morte. I colonnelli sono stati deposti il 17 novembre 1973 dai nostri bravi studenti e cittadini di valore, un fatto che celebriamo ogni anno in occasione dell’anniversario, in modo pacifico naturalmente. Di più, siamo una democrazia… No, siamo la patria della democrazia, il fondamento della civiltà…
Che cos’era allora quella storia del gigante e della mosca? Quante pulci e pidocchi servono per far impazzire un uomo? Quanti uomini si possono chiudere in una singola cella prima che tutti diventino pazzi? Quanto devono deteriorare le condizioni igieniche prima che tutti soccombano a malattie e malori di vario genere? Che cosa dite? Campo di concentramento? Crematorium? Chi credete che siamo, Hitler? Siamo socialisti e abbiamo una guerra sociale nelle nostre mani…
No, qui non siamo alle prese con oggettività, eguaglianza e imparzialità. Qui siamo alle prese con il nemico, con i suoi servi e con le strutture di un sistema assassino basato sulla sottomissione e lo sfruttamento di milioni di persone in tutto il pianeta.
Tutti i nostri compagni imprigionati, non importa dove siano e in quali circostanze siano stati arrestati, sono tenuti in ostaggio non per il "crimine" indicato sul mandato d’arresto, ma per il vero crimine che hanno commesso, il crimine della libertà, il crimine di essere anarchici, ribelli e rivoluzionari. E questo è il motivo per cui non dobbiamo abbandonarli.
Fonte: sysiphus/angrynewsfromaroundtheworld/blogspot.com

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